Attenti ai passi falsi

Tempo contato per l’Europa

Il voto in Austria è la migliore dimostrazione di come non ci sia una alternativa liberal keynesiana alla politica del rigido rigorismo su cui è stata fondata l’Unione europea. C’è invece bella e pronta la prospettiva della fine di un progetto. Se domani Angela Merkel perdesse le elezioni in Germania il suo crollo trascinerebbe dietro di se i socialisti tedeschi come già sono stati affondati i liberali. Tutti i vecchi nazionalismi si sono ridestati sul vecchio continente e hanno ritrovato le loro forze misurandosi con l’ambizione di mandare a rotoli il progetto unitario. Se l’Europa non riesce a dare una correzione di rotta in tempo utile, sarà una disfatta. Con prospettive di crescita economica nel continente così poco incoraggianti, sarà difficile avere il successo che servirebbe. Il tempo dell’Unione europea sembra essersi consumato malamente. Anche il presidente Obama in questi giorni ha ricordato che un’Europa unita è più forte e più capace di fronteggiare la crisi. Ha ragione, ma la politica internazionale degli Stati Uniti avrebbe dovuto continuare a dare attenzione a questo suo alleato tradizionale. I popoli europei si stanno convincendo che meglio farebbero da soli. Un’inversione di tendenza potrebbe venire da un’America capace di sostenere l’Europa, con investimenti, innanzitutto, ma anche calibrando una politica monetaria che finora non ci ha aiutato, come non ci ha aiutato la drammatizzazione dei rapporti con la Russia. Non si può trattare l’Ucraina da europea e la Russia da asiatica, senza procurare uno shock all’intero continente. Il tempo a nostra disposizione sta scorrendo, anche perché se alla Casa Bianca arrivasse un Trump, i rapporti euro americani, potrebbero peggiorare ancora. Almeno un segnale sul fronte dell’immigrazione andrebbe dato e l’unico modo per farlo è una cooperazione politica immediata sul fronte siriano e su quello libico tesa a riportare la stabilità in quelle due regioni. Forse c’è ancora una tenue possibilità di riassestare la politica economica dell’Europa o per lo meno di impedire che precipiti del tutto, ma non se l’immigrazione continuerà a premere sulle nostre frontiere. In verità sarebbe più facile gestire il fenomeno migratorio che imboccare una forte ripresa economica, eppure proprio quello riesce a far scoprire tutti i nervi come a far riaffiorare i movimenti revanchisti e lepenisti. Anche l’Italia ha i suoi rischi e i suoi fantasmi, per cui attenti ai passi falsi. Questa volta sarebbero fatali.

Roma, 26 aprile 2016